Nicolas Eymerich, Inquisitore: La Peste


Senz’altro ricordate tutti la software house bolognese che portò grande lustro alla scena videoludica italiana tra gli anni 80 e 90. Oggi Simulmondo non c’è più, ma almeno uno dei suoi programmatori non ha smesso di impiegare tempo e passione per la decima arte. Proprio come succedeva oltre 20 anni fa, appare sui nostri schermi un gioco italiano, ispirato ad un testo italiano, programmato da italiani ma pronto per il mercato europeo. “Fondamentalmente a noi ci interessa che l’Italia vinca i mondiali di calcio”.Venti anni e non sentirli. Data l’esperienza di Ivan Venturi, programmatore storico italiano, e dato un personaggio letterario da best seller, le aspettative non potevano che essere piuttosto alte. I team TiconBlu e Imagimotion hanno capito subito le potenzialità del progetto e non hanno fatto altro che pubblicizzarlo, creando, negli ultimi due anni, un’attesa davvero genuina verso un titolo veramente ambizioso.

Marketing nel centro di Bologna

Nicolas Eymerich, grazie ai romanzi di Valerio Evangelisti, è diventato (a detta di Wikipedia e di Mondadori) uno dei personaggi più amati della letteratura storico/fantasy del bel paese, meritandosi una saga tuttora viva e vegeta dopo quasi 20 anni dal primo racconto.

Se si sono meritati un’avventura grafica Aldo, Giovanni e Giacomo, chi siamo noi per giudicare?

Ebbene, il primo capitolo di questa nuova saga videoludica è esattamente, inopinabilmente, un titolo in pieno stile Simulmondo. Con questa affermazione potrei chiudere il post, ma se i sottintesi non dovessero essere chiari, meritate una spiegazione.

Simulmondo ha sempre (più o meno) fatto giochi ispirati alle passioni degli italiani, che fossero esse sport o personaggi dei fumetti. I titoli erano sempre molto particolari, talvolta in anticipo sui tempi (ricordiamo la scelta di produrre giochi a episodi, come Dylan Dog, Tex ecc.), spesso con slanci pionieristici (I Play: 3D Soccer su tutti).

D’altro canto la realizzazione tecnica e la giocabilità non sempre si dimostravano all’altezza, e gran parte del potenziale dei suddetti titoli ne rimaneva danneggiato.

“State parlando di me?”

Purtroppo il primo episodio di questa avventura grafica soffre dello stesso problema: una buona idea e una scelta pionieristica (tutto il gioco è stato doppiato in latino) in contrapposizione ad una realizzazione tecnica indubbiamente imbarazzante nell’anno domini 2012.

Come animazioni, infatti, siamo ai livelli del primo Tomb Raider, e graficamente, nonostante qualche fondale apprezzabile, siamo comunque fermi alle texture del primo Half-Life, condite con effetti di luce moderni assolutamente fuori luogo.

Sembra bella… ma se la si ingrandisce…

A livello di gameplay c’è poco da dire: il sistema di puntamento e controllo è il classico alla Broken Sword, e il solito “raccogli questo per usarlo con quello” è alternato con qualche enigma mai troppo complicato.

Per quanto riguarda la trama generale, per ora se ne capisce poco, e solo verso la conclusione dell’episodio le cose cominciano a farsi interessanti. Probabilmente, però, è ancora presto per dare un giudizio in proposito. Va ricordato che il plot è completamente inedito e scritto da Ivan Venturi, quindi non va in nessun modo considerato come un nuovo romanzo di Evangelisti.

Quello che rimane dopo le due ore necessarie a completare il gioco è un protagonista veramente antipatico ma comunque apprezzabile, tante belle parole in latino e, purtroppo, una citazione a Monkey Island e una a Padre Maronno (???) da mettersi le mani nei capelli.

Spoiler!

In conclusione il gioco merita di essere giocato come (e se) lo meritò a suo tempo Dylan Dog: Attraverso lo Specchio o il più recente Dylan Dog: Horror Luna Park… ma come per i titoli dell’indagatore dell’incubo, ci vuole un bel coraggio, una gran passione per il protagonista, e una discreta pazienza per andare oltre la mezz’ora di gioco.

Confidiamo nel prossimo episodio, almeno per quanto riguarda la trama.

Amen.

 

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