Le saghe vanno sempre forte. La passione per le saghe di solito comincia già in tenera età davanti alla tv, per poi evolversi in qualcosa di più fantasioso con le saghe letterarie. La vera svolta però è avvenuta negli anni ’90, con l’avvento di internet. Da quel momento le saghe al computer non sono più state le stesse! Si dice che abusarne sia una perdita di tempo e che passarne troppo davanti a questi media possa rendere ciechi, ma la realtà è che, come recita un vecchio detto indiano, se non ti fai le saghe non sei un vero uomo.Il primo Black Mirror uscì nel 2004 e, pur non brillando per innovazione e qualità, si distinse per le sue atmosfere che con colpi di scena e cliffhanger nei punti giusti erano in grado di garantire coinvolgimento e interesse, nonostante le meccaniche di gioco fossero terribilmente lente e noiose. Si parla infatti di centinaia e centinaia di oggetti cliccabili, circa una decina per ogni location, il che diventava futile condimento quando si capiva che, per ogni stanza, di oggetti utili tendenzialmente ce n’erano solo uno o al massimo due. L’esperienza, che avrebbe richiesto 5-6 ore, diventava un viaggio lungo almeno il doppio dove il rischio di abbandonare per noia era sempre alto. La sua fortuna ricadde nuovamente nella trama, che da queste noiose meccaniche e dai lunghi dialoghi ne guadagnò in immedesimazione e coinvolgimento. Vedere il protagonista Samuel Gordon scoprire un po’ alla volta la maledizione del castello di famiglia fu un terrorizzato piacere. Ai suoi tempi, il finale lasciò l’amaro in bocca, e deluse i più.
A suo favore, va detto che in quegli anni il panorama delle avventure grafiche visse la sua era realista, un periodo cupo in cui venne abbandonato completamente lo stile divertito e divertente della LucasArts, a favore invece di una narrazione seria, basata completamente sull’approfondimento dei personaggi. Da The longest Journey in poi, le avventure non sarebbero più state un gioco. Il ragazzino che viaggiava con polli di gomma in tasca ormai era cresciuto. Ci provarono gli spagnoli di Runaway a mantenere spensierato il genere, ma allora sembrò solo un prolungamento dell’agonia.
Potrei continuare a parlare del primo Black Mirror e a fine recensione aggiungere un 2, perché effettivamente il secondo capitolo riprende in tutto e per tutto pregi e difetti del predecessore, ma per correttezza di trama passiamo a questo seguito, pubblicato nel 2010 ma ambientato 12 anni dopo i fatti del primo.
L’atmosfera? Qui per esempio è nuvoloso |
Il nuovo protagonista, questa volta un americano, si trova, suo malgrado, invischiato in un omicidio e, improvvisandosi investigatore, batterà una pista che lo porterà a Willow Creek e in altri posti ben cari a chi ha giocato il primo episodio. La storia infatti si intreccia perfettamente con il primo capitolo e sentire parlare del suo protagonista come di una leggenda lontana riesce a far vedere tutto sotto un’altra luce. Se infatti il primo Black Mirror ha lasciato l’amaro in bocca per il suo finale, grazie a questa seconda produzione gli viene reso merito e viene presentato un disegno più grande, che vedrà compimento solo con il terzo capitolo.
Black Mirror 2 infatti finisce con un bel “Continua…” .
Detto questo, va ricordato che Black Mirror è un gioco tedesco e, come tale, ha poca voglia di scherzare: nel gioco infatti si può morire. Fortunatamente i salvataggi automatici riportano esattamente all’azione prima della dipartita, senza dover cliccare nuovamente chissà quanti hot spot. Il gioco è forse più corto del primo, ma l’esperienza è altrettanto coinvolgente e gli enigmi in ugual misura semplici e piacevoli. Per il resto, siamo di fronte al solito prendi questo e portalo a quello che ti sbloccherà quell’altra azione. Ma è il suo bello!
La difficoltà è piuttosto bassa, poiché, cliccando tutto ciò che c’è da cliccare, la soluzione viene quasi spontanea, e le stanze visitabili non sono mai tante. A differenza di altri giochi, però, difficilmente si tornerà negli stessi posti per provare tutto con tutto.
Cataclysm in Black Mirror |
L’atmosfera del gioco è il vero capolavoro. Capita abbastanza spesso di saltare dalla sedia, e, pur non essendoci mostri particolari, il terrore psicologico di alcune scene rimane uno dei migliori lavori mai visti in produzioni del genere. Merito anche delle ambientazioni claustrofobiche e innaturali di tutto il gioco. Non si ha mai la sensazione di avere il controllo della situazione ed è un continuo domandarsi se la persona che si ha di fronte è un amico o un doppiogiochista.
In conclusione siamo davanti ad una delle più riuscite avventure serie degli ultimi anni che, pur non essendo particolarmente difficile, tiene incollati e terrorizzati fino alla fine. Possiamo solo sperare che il seguito sia all’altezza.
P.S. Da evidenziare il fatto che il gioco (originale) non parte se avete installato Daemon Tools o qualsiasi programma che crei dischi virtuali. Ventinoveeuroenovantanove e mi son comunque dovuto scaricare la crack. Sì, sono colpevole di avere installato Daemon Tools, ma da un gioco che parla di demoni speravo un po’ di elasticità…