ROMANZOPOLI: Le cronache di Coccinella — Capitolo dodici


Previously on Ladybug Chronicles: Coccinella, ancora bambino, scopre, osservando il cugino Giovanni detto Camicia Unta, il mondo dei Personal Computer. Dopo essersi fatto una cultura videoludica, abbandona l’universo digitale per andare in cerca di sé stesso.

Nel momento più buio decide di riprendere in mano la propria vita partecipando ad un torneo di videogiochi con l’inedito Nintendo RL, la prima console basata su un’interfaccia neurale, dove una sconfitta significa la morte. Dopo aver battuto Arnoldo detto il Cyborg e FIFA 2018, Coccinella, raggiunta la finale, è a un passo dal gran premio: 10.000 monete d’oro. Continue reading

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Rush

Rush-nuovo-trailer-e-locandine-per-il-film-di-Ron-Howard-sulla-Formula-1I film sportivi raramente riescono ad entusiasmare chi non è amante dello sport in oggetto.

Mi viene da pensare ai mille film americani su baseball o football, produzioni quasi sempre tecnicamente valide, ma che si vedono costrette a spostare il target su storie d’amore improbabili, su cali improvvisi di autostima dei protagonisti o più in generale su trame trite e ritrite in altre mille pellicole più o meno simili (pensate alla trama di Lo chiamavano Bulldozer e ditemi che non vi vengono in mente almeno altri 5 titoli dal canovaccio simile).

Ebbene Rush si distingue sensibilmente. Per quanto la trama parli del classico confronto tra il nerd che si impegna per vincere e il “figone sborone” che ha la vita facile, la realtà è che siamo di fronte ad una storia vera. Una storia che finisce in maniera piuttosto inaspettata.

Chi ha vissuto l’epoca d’oro di Niki Lauda e James Hunt sicuramente apprezzerà questo lavoro e molto probabilmente vedrà rievocarsi tanti ricordi. Per chi invece, come me, non sa nulla di F1 ante Schumacher, il film tiene incollati fino alla fine, con l’incredibile e rarissimo pregio di farti tifare un po’ per tutti.

Rush, oltre ad essere girato molto bene, ha un ritmo incalzante e mai noioso, nemmeno nelle scene di corteggiamento o amore, quasi sempre liquidate con qualche bel dialogo.

IN UN AGGETTIVO: Bello

 

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L’ultimo terrestre

lultimo-terrestre-gabriele-spinelli-foto-film-3_midHo appena finito di parlare poco bene del cinema italiano che mi trovo a dover difendere la categoria a causa di questa atipica pellicola.

Atipica per il cinema italiano.

Certamente non mancano film strani e fuori dal coro nel nostro paese – mi vengono in mente piacevoli anomalie come Piano 17, o il più recente 6 giorni sulla terra -, ma effettivamente questo L’ultimo terrestre riesce a non sembrare nemmeno per un secondo un film italiano.

Se mi avessero parlato di produzione spagnola, norvegese, canadese ecc… non ne avrei dubitato nemmeno per un secondo. Escludendo il bravissimo Roberto Herlitzka, tutto il cast è sconosciuto, ma non per questo la qualità del film ne soffre. Anzi.

L’ultimo terrestre, più che di una bella trama, gode di una stupenda atmosfera. Le avventure del sociopatico (ma gentile) personaggio principale fanno da contorno alla vera protagonista: l’aura preapocalittica che permea tutto il film.

Se da un lato quello che ci viene mostrato direttamente sono gli incontri e le disavventura del povero Luca Bertacci, ogni scena nasconde in qualche dialogo o in qualche immagine la paura o lo stupore per l’arrivo degli alieni sulla terra, con tutti i dubbi e le domande senza risposta del caso.

Il film, anche se un po’ lento, merita di essere visto e di essere promosso come buon esempio di cinema nostrano da esportare.

IN UN AGGETTIVO: Alieno

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Mi rifaccio vivo

vlcsnap_2013_09_12_14h03m08s154Che non sia un grande amante del cinema italiano moderno è risaputo. Per quanto ogni tanto escano fuori dal cilindro dei piccoli capolavori – quelle pellicole che ovviamente passano in sordina – quasi sempre rimango impietrito dalla mancanza di originalità nelle trame e da personaggi che, pur cambiando di faccia, ricalcano sempre lo stereotipo di “italiano medio alla riscossa”.

Mi rifaccio vivo non fa eccezione. Nonostante dietro la macchina da presa ci sia un nome illustre, Sergio Rubini, quello che manca è lo spunto di originalità.

Pur parlando di un buon livello di intrattenimento, una narrazione piacevole e qualche scena divertente, non possiamo che storcere il naso nel trovarci davanti ad una storia già vista, raccontata con uno stile già visto, in un’ambientazione già vista. Se da un lato potrebbe non essere un problema la mancanza di idee, dall’altra manca quella polvere di stelle che in passato ha portato altri autori a trasformare una storia banale in poesia.

Gli attori (o meglio i cabarettisti), recitando in maniera enfatica anche quando il contesto richiederebbe un po’ di drammaticità, in parte evitano il cliché italiano della commedia riflessiva, rendendo tutta la pellicola un progetto onesto, senza però riuscire a farla emergere dal mare di film evitabili .

IN UN AGGETTIVO: Perdibile

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Comic movie

movie43home11378234092-1024x576Può un film con un cast stellare mostrarsi al pubblico come la pellicola più brutta mai vista? È concepibile che una schiera di attori di qualità – tra cui dei premi oscar – possa vendersi per qualcosa di lega talmente bassa da farci rimpiangere indecenze come Treciento o, peggio ancora, Box Office di Ezio Greggio?

Ebbene, Comic movie ci riesce, e lo fa con una disinvoltura imbarazzante.

Non mi è chiaro se l’idea era quella di fare mini episodi demenziali in stile Saturday night live, ma quello che traspare già dal primo episodio è come la produzione abbia speso tutto in attori e niente in sceneggiatori.

Il film è assolutamente inguardabile, composta da brevi episodi collegati da un unico fattore comune: la volgarità.

Si passa così dall’episodio con Hugh Jackman con uno scroto in faccia all’ultimo episodio sui Leprechaun violenti, passando per l’imbarazzante episodio di Anna Faris (non aggiungo altro).

Non escludo che se il film fosse stato targato Troma l’avrei potuto trovare divertente, ma vista la patina lucida e il cast di qualità, tutto il progetto prende i connotati dell’insulto allo spettatore. Anche di quelli con il palato poco fine, come me.

Comic movie va visto con l’occhio trash, abbandonando l’idea di commedia all’inglese che la locandina erroneamente offre.

IN UN AGGETTIVO: Indecente

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In trance

ipnosi-per-tuttiGli ingredienti per appassionare ci sono tutti: una rapina, personaggi violenti, un segreto nascosto da ricostruire un po’ alla volta, attori di qualità e ovviamente, un regista che ha sbagliato poco nella sua vita.

E infatti In trance parte molto bene, con la voce fuori campi del protagonista che racconta quanto possa essere difficile gestire la sicurezza durante un’asta pubblica, proprio mentre sullo schermo ci viene mostrata la rapina stessa.

In pochi minuti viene fuori che il colpo è solo parzialmente riuscito, poiché uno dei protagonisti non ricorda dove ha lasciato l’oggetto rubato. Per ricordarlo – non prima di essere stato riempito di botte e accusato di doppio gioco – chiederà l’aiuto di una brava ipnotista.

Il film parte molto bene, ma un po’ alla volta le parti più interessanti – ossia l’ipnosi e la rapina stessa – cominciano a perdersi, e il film cambia radicalmente stile, diventando un più classico triller basato sulle morbosità e perversioni dei protagonisti.

Quello che poteva essere uno dei film più interessanti e originali della stagione, finisce per cadere nel calderone di film già visti, un po’ come se Inception a metà film diventasse Il collezionista di ossa.

IN UN AGGETTIVO: Sprecato

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Starbuck – 533 figli e non saperlo

patrickhuard_6_starbuck_hires_wide-1d2e66fef4bd5fc6190632dd2d66ac9910a07ab1-s6-c30Se è vero che dal cinema italiano esce poco materiale interessante, è anche vero che in Italia non arrivano poi così tanti film stranieri non anglofoni.

Guardando ogni settimana le uscite al cinema è evidente come dal resto del mondo, escludendo gli Stati Uniti, approdano solo horror e qualche commedia più o meno divertente.

Se da un lato dovremmo sentirci privati di chissà quante pellicole apprezzabili, dall’altro bisognerebbe ringraziare questo “filtro” che limita la spazzatura, evitandoci di spendere decine di euro per film di bassa lega.

Immaginate se un canadese andasse al cinema per vedersi l’ultima porcata italiana di Natale… sono piuttosto sicuro che con il cinema italiano i rapporti si chiuderebbero ben presto.

Un film che dal Canada ha raggiunto l’Italia è invece questo Starbuck, una commedia dal marcato stile francese, che racconta la scoperta, da parte di uno squattrinato quarantenne, dell’esistenza di oltre 500 ragazzi, nati grazie ad una serie di donazioni di sperma che fece da giovane. La chiave della commedia, ovviamente, gira attorno alla volontà di questi ragazzi di conoscere il proprio padre biologico, sconvolgendo non poco la (banale) vita del protagonista.

Come i film francesi più famosi, l’ironia è sempre un po’ malinconica, dettata da un’idea in partenza grottesca, che finisce per farci immedesimare nel protagonista anziché deriderne la stupidità.

In conclusione il film è piacevole e gode di una sapientemente gestione dei tempi che ci porta senza noia al finale.

IN UN AGGETTIVO: Piacevole

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Pacific Rim

tumblr_mrhhbjTT5Y1r53wwso1_500Per gli appassionati di robottoni, Pacific Rim era l’appuntamento da non perdere, la realizzazione di un sogno infantile mai realizzato, nemmeno con quei tre Transformers così spettacolari quanto privi di un anima.

La presenza di Del Toro dietro la macchina da presa sembrava un indiscutibile garanzia di qualità verso un prodotto che, dai trailer, appariva unicamente un tripudio di effetti speciali.

Purtroppo Pacific Rim è principalmente un tripudio di effetti speciali. Divertente, spettacolare, ma incentrato sugli effetti speciali. Effetti che, pur essendo meno entropici di quelli di Transformers, soffrono di ambientazioni sempre oscure e di combattimenti spesso poco esaltanti.

Se da un lato il film non ha un vero e proprio cuore, dall’altro diventa palese e apprezzabile la volontà del regista di non inventare niente ma di infilare nella pellicola una citazione dopo l’altra, offrendo, ancora una volta nel cinema degli ultimi anni, un poco coraggioso more of the same.

Da una parte infatti c’è un’evidente summa di tutti i personaggi carismatici e testosteronici americani degli anni ’80 (da Rambo a Commando senza privarsi di comprimari russi stupidi e muscolosi, ma dal cuore tenero), amalgamati con un’estetica dei robottoni e con una trama più vicini allo stile nipponico.

Fortunatamente il film passa bene, diverte e in alcuni casi offre anche delle buone battute.

IN UN AGGETTIVO: Testosteronico

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Monsters University

monstersPersonalmente ritengo Monsters & Co. il più bel film Disney degli ultimi 20 anni. Superiore ad Up e a Wall-E.

L’originalità e la semplicità della trama, amalgamate con la simpatia dei personaggi e dell’infallibile stile Disney ne fecero in poco tempo un classico.

Ho sempre apprezzato molto ogni distacco dei cartoni dalle solite storie popolari dei fratelli Grimm o più in generale dai racconti classici, per cui, tutta l’era Pixar è diventata per me una seconda infanzia e non posso che parlarne bene.

Anche nei seguiti – escludendo solo il dimenticabile Cars 2 – le cadute di stile sono state evitate. Tuttavia questo Monsters University, per quanto carino e divertente, soffre troppo della sindrome del more of the same.

Questo seguito, infatti, altro non è che la copia de La coniglietta di casa che è la copia moderna di La rivincita dei nerds, che è la copia per famiglie di Porky’s, che è la copia volgare di Animal House. Insomma questa volta gli sceneggiatori non si sono sforzati minimamente di creare qualcosa di nuovo, incentrando tutto sull’evoluzione dell’amicizia dei due protagonisti (fortunatamente credibili, anche se prevedibile).

Le svariate citazioni al primo film (di cui questo è il prequel) sono molto apprezzabili e molti passaggi aggiungono tasselli interessanti per la mitologia della serie. Quello che rimane è un ottimo intrattenimento che, però, non lascia niente allo spettatore.

IN UN AGGETTIVO: Apocrifo

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OUYA – L’elaborazione di un lutto


Dopo aver provato l’Oculus Rift insieme all’eminente Dr. B, la rinnovata fiducia verso le tecnologie mi ha portato all’acquisto della nuova console Android, anch’essa nata e cresciuta grazie ad una raccolta fondi su Kickstarter.

Che sia arrivato il momento del digital delivery a basso costo anche per le console casalinghe? È tempo per gli sviluppatori indie di dare il meglio di sé? Continue reading

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