Nelle puntate precedenti: come un’inaspettata buona novella, improvvisamente uscì sul mercato il terzo capitolo della famosa saga di Monkey Island. Le attese erano tante e la mancanza nel team di alcuni tra i nomi principali dei primi due titoli sembravano poter contaminare la purezza e genialità della serie.
Il risultato fu quello di non avere tra le mani un gioco epico, e il cambio di rotta preso dalla trama sembrò un po’ opinabile, ma fondamentalmente rimase una delle migliori avventure di sempre. Il passo falso di The Dig ridimensionò in parte lo status di mito della Lucas e la nuova concorrenza dei vari Broken Sword, del magnifico Blade Runner e delle avventure a filmati (Gabriel Knight 2, Phantasmagoria, Urban Runner ecc.) sembravano voler dimostrare che lo scettro di quel genere non sarebbe rimasto nelle mani Lucas ancora per molto.Mai come in quegli anni le avventure grafiche vissero un periodo d’oro. Ogni titolo che usciva godeva di notevoli sceneggiature con imprevedibili colpi di scena, personaggi ben approfonditi e meriti tecnici pregevoli, a causa sopratutto dell’ancora acerbo utilizzo del 3D in molti altri generi.
La strada vincente quindi sembrò quella di continuare a spingere verso la grafica cartoonesca, abbandonando un po’ anche il FMV (Full Motion Video), che cominciò a puzzare di obsoleto per quella struttura di gioco macchinosa e per le compressioni video eccessivamente scadenti.
L’alta definizione e i fondali curati di Under a Killing Moon |
Broken Sword su tutti riuscì a imporsi come nuovo punto di riferimento, grazie a ottimi disegni, a una storia eccezionale e ad un atmosfera in grado di far dimenticare completamente la lentezza estenuante del protagonista.
Il buon lavoro svolto con Monkey 3 sembrò un fuoco di paglia e ci si cominciò a chiedere quanti anni sarebbero passati prima di poter vedere un quarto capitolo. La risposta non sarebbe arrivata per diversi anni, ma all’interno di CoMI era già presente e ben visibile la pubblicità al successivo titolo Lucas, che sarebbe uscito poco meno di un anno dopo.
Come era già successo con il personaggio che pubblicizzava Loom nello Scumm Bar di MI, lo stesso successe con il cadavere in MI3 che nominò per la prima volta Grim Fandango.
“Chiedimi di Grim Fandango“ |
Ma cosa ci si doveva aspettare da quel titolo? Personalmente non mi feci pregiudizi. Sapevo che sarebbe stato qualcosa di completamente nuovo ed evitando di leggerne anteprime e recensioni aspettai il giorno della commercializzazione con tranquillità.
Dalla scatola notai subito il passaggio per la prima volta al 3D. Non era mai successo prima. Nessuna avventura grafica aveva mai osato percorrere quell’improbabile strada. Tuttavia, nemmeno LucasArts era rimasta indifferente al successo del primo Resident Evil e, come fosse una banalissima software house di seconda fascia, ne copiò lo stile grafico, mantenendo fissi i fondali disegnati in 2D e aggiungendo personaggi completamente tridimensionali e facilmente comandabili tramite joystick o tastiera.
Tanto tridimensionale da sembrare vero |
Fu quindi proprio la Lucas, che aveva dato tanto successo e ragion d’essere ai mouse, la prima ad abbandonarli. Quando tutti le stavano copiando SCUMM e derivati, lei decise di presentare il GrimE, un innovativo sistema di controllo.
Inevitabilmente tutti i puristi del genere storsero paurosamente il naso, immaginando la cosa solo come un volgare tentativo di adattamento alle console. La realtà fu che Lucas volle fare una scelta coraggiosa all’insegna dello svecchiamento più totale, anche se probabilmente era stata tenuta in considerazione la possibilità di fare il salto su console (che però non avvenne per questo titolo).
Esempio di fan che ha storto il naso |
Inizialmente fastidiose, dopo solo qualche minuto di gioco le meccaniche diventarono semplici e cristalline, e per tutta la durata del titolo furono rarissimi i casi in cui mi ritrovai in difficoltà.
In realtà la difficoltà, a suo tempo, me la creai da solo. Senza saperlo avevo un “simpatico” virus che ogni tanto mi dava qualche piccolo problema. Mi convinsi che la mia copia pirata di Windows 98 non accettava ICQ come software.
Non avevo motivo di pensare che il pc avesse problemi |
La realtà era che tutti quegli “indispensabili” programmini che scaricavo per entrare nei computer altrui (nuke blaster, ip sniffer e così via) mi avevano lasciato un ricordino che in una data precisa avrebbe duplicato tutti i miei file corrompendo gli originali.
Inoltre non mi permetteva di giocare a Grim Fandango, così mi trovai costretto a formattare il computer. Una volta fatto, tutto andava. Peccato che appena reinstallavo i miei programmi salvati su cd e già corrotti, si ricominciava da capo.
Scoprii che la colpa era di un virus solo il giorno in cui una decina di compagni di classe a cui frequentemente copiavo videogiochi per 10.000 lire mi sbatterono in faccia il fatto che per colpa mia avevano dovuto formattare tutti gli hard disk o, peggio, andare a pagamento da un tecnico.
Tornando al gioco, la confezione si dimostrò subito valida e interessante. Ma il contenuto?
Ebbene, prendete per definitivo e incontestabile quello che vi sto per dire: GRIM FANDANGO È LA MIGLIORE AVVENTURA GRAFICA DI TUTTI I TEMPI!
Una storia tanto bella, coinvolgente e originale non mi capitò più e tutt’ora è l’unica avventura che rigiocherei senza ripensamenti.
Un gioco che ha fatto le scarpe (agli altri)… |
Nei panni di Manny Calavera, un dirottatore di anime in un limbo evoluto ed esteticamente identico alla nostra Terra, ci ritroviamo incastrati in un noir a base di truffe, intrighi, cospirazioni e germogliazioni (l’unico modo per uccidere un morto) che ci porteranno in un turbinio di avventure distribuite in un lasso di tempo piuttosto lungo.
I personaggi, tutti estremamente credibili, approfonditi e interessanti, riescono a mostrare tantissime sfaccettature dell’animo umano, trasmettendoci con una semplicità imbarazzante i sentimenti, le sensazioni e il pathos delle rispettive scene.
Le citazioni a film noir anni 30 sono percepibili unicamente nelle atmosfere, sempre evocative e ben riuscite.
Le musiche in questo aiutano non poco e non riuscirete a dimenticare nemmeno un brano della stupenda colonna sonora. Come per Monkey Island anche in questo caso il doppiaggio italiano è di altissimo livello e non c’è nemmeno una voce che non sembri perfetta per il rispettivo personaggio.
A livello di gameplay, nonostante un paio di punti complessi e difficili da risolvere, non c’è una singola porzione di gioco noiosa.
Un gioco gustoso |
Ancora una volta la passione per il buon cinema di Tim Schafer si è dimostrata il punto di partenza ideale per creare qualcosa di innovativo e piacevole in un panorama videoludico che nel 3D stava rivedendo un ritorno alle origini, con vecchissimi sparatutto spaziali riadattati al mercato moderno.
Le parole da sprecare per questo capolavoro dalla sceneggiatura da Oscar sarebbero tante, ma la miglior cosa che posso fare è suggerirvi di giocarlo (se ve lo siete perso) e rigiocarlo (se ancora non ne avete imparato a memoria tutti i dialoghi).
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