Presentandosi come The Great Software Made in Italy, nel 1988, a soli due anni dall’uscita del primo albo di Dylan Dog, uscirono due giochi per C64 targati Systems Editoriale. Con un nome così altisonante, non potevamo che aspettarci dei capolavori.Penserete che vi sto prendendo in giro. Sì e no. Systems Editoriale in quegli anni era (forse) la più grande azienda editoriale d’Italia nell’ambito dei computer. Dalla penna dei suoi giornalisti nacque Commodore Computer Club, un giornalone che ogni mese ti raccontava le novità mondiali in campo informatico, ti insegnava a programmare fornendoti righe di codice da cui attingere e ti faceva pure ridere con le sue vignette a tema (roba da cui TGM ancora scopiazza).
Oltre a questa rivista, la Systems Editoriale pubblicò nel tempo diversi altri giornali, quasi tutti a tema informatico, e, ormai decisi a informatizzare l’Italia, cominciarono a produrre anche diversi software da allegare ai cartacei in versione cassetta e (più avanti) floppy. Tra questi si distinguevano produzioni serie o comunque per un utilizzo professionale, ma anche programmi pionieristici, come il programma VOCE, in grado di far riprodurre le parole al computer (ne uscì perfino il gioco della tombola in cui il C64 urlava il numero).
I tempi in cui il dollaro andava forte! |
Ciò di cui però voglio parlare sono i videogiochi. Anche in questo caso la ditta fece qualcosa di mai visto (o quasi) in precedenza: mise della pubblicità in un videogioco. Così il loro primo gioco consisteva nello sparare ad un aeroplano con una bella scritta COCA COLA. Mostrandosi come la prima e unica software house seria del paese, il richiedere alla Bonelli la possibilità di fare uscire giochi a tema Dylan Dog e Zagor sembrò più un vanto per il fumetto che per il videogioco stesso, così, senza spendere una lira, fece uscire diverse avventure con i protagonisti del fumetto italiano.
Dylan Dog e i suoi classici jeans… viola? |
Dylan Dog: Le notti della luna piena oggi sarebbe inqualificabile.
– Per la grafica?
– Il gioco racconta gli eventi scaturiti dalle nostre scelte e per ogni scena ci mostra un disegno in bianco e nero ispirato alle tavole dell’omonimo fumetto. Tutto sommato è anche piacevole la grafica.
– Per il sistema di gioco?
– Il gioco ad ogni scena ti offre 2 o 3 possibilità, se scegli bene vivi, se scegli male muori. Insomma un antenato di Dragon’s Lair, che poi è un antenato dei moderni Fahrenheit o Heavy Rain.
– E allora perché è inqualificabile?
– Perché riprende pari pari gli eventi, i dialoghi e le vignette del fumetto. Inoltre non son mai riuscito a finirlo nonostante abbia provato tutte le possibilità.
Nel gioco piove sempre… oggi sarebbe pioggia pesante? |
Tuttavia il gioco a suo tempo ebbe un suo perché, e venne pubblicizzato anche nel fumetto Bonelli, così sembro un passo scontato proseguire su quella strada.
Insieme all’adventure uscì anche Dylan Dog: Il castello delle illusioni, e questa volta si abbandonava la tastiera per divertirsi con il nostro favoloso joystick Albatros!
Quando i controller non erano vibratori |
Il gioco era infatti un classico sparatutto a scorrimento verticale, in cui Dyd, entrando in un cimitero, doveva sparare a tanti velocissimi e imbestialiti mostri cattivi a cui in realtà era molto difficile sopravvivere.
Graficamente l’atmosfera era favorita dai colori cupi, ma i dettagli lasciavano parecchio a desiderare e la programmazione, considerando che il gioco era fatto con il tool SEUCK, era abbastanza limitata. Il SEUCK, acronimo di Shoot’Em Up Construction Kit, era il primo software semiautomatico per creare videogiochi. Un po’ come oggi con il MUGEN, che tanto è usato per sfornare picchiaduro, anche allora i meno abili in programmazione erano in grado di crearsi un videogioco a scorrimento dove il protagonista poteva sparare ai nemici. Alla luce di questa notizia, capirete perché il 60% dei giochi per C64 erano sparatutto a scorrimento.
Questo è un cimitero, e quell’aeroplano è un pipistrello |
Dylan Dog: Il castello delle illusioni purtroppo non aggiunse niente a questo mercato, e come gioco, oltre a essere difficilissimo, faceva anche piuttosto schifo a livello tecnico. L’indagatore dell’incubo fortunatamente riuscì a sopravvivere agli 8 bit, e, come abbiamo già visto, arrivò integro e meglio colorato nei floppy dell’Amiga.
Ciò che ancora non sapete è che sopravvisse a tutti gli antichi supporti magnetici e sbarcò addirittura su dischi ottici, acquistando una voce e una storia inedita tutta sua, scritta direttamente dal suo creatore, Tiziano Sclavi. Ma di questo ne parleremo un’altra volta. Ora è tempo di tornare al più grande incubo: la vita.