Nelle puntate precedenti: alla ricerca di nuove emozioni alla guida del mio mouse, mi inoltrai alla ricerca di qualche nuova avventura, ma nel farlo scoprii che il negozietto di fiducia aveva chiuso i battenti. La paura di non trovare più niente del genere mi terrorizzò, ma la realtà era che nel paese del èverochenonpagateletasse? c’erano già altri posti in cui sarei potuto andare per rimanere a bocca aperta davanti alle meraviglie che il pc poteva concedere. Con Sam & Max realizzai che la Lucas non avrebbe mai potuto sbagliare un colpo. Almeno fino a quando La minaccia fantasma non avrebbe sconvolto tutti i loro piani di produzione.Ero ormai grandicello, ma non abbastanza da poter guidare uno scooter fino al Megabyte Informatica, il mio nuovo punto di riferimento, così, una volta terminato il gioco dei due atipici poliziotti, dovetti aspettare il giorno libero del babbo e sperare che accettasse di accompagnarmi a fare compere.
Fu in una di quelle occasioni, tra angoscianti partite ad Alone in the Dark e geniali stratagemmi per far più soldi a Theme Park salando le patatine, che capitai in negozio e alla domanda “ci sono novità?” mi fu presentato il nuovo potenziale capolavoro LucasArts: Full Throttle.
La scatola era accattivante e dalle foto immaginai che sarebbe stato il nuovo punto di riferimento per il genere. Non poteva essere altrimenti.
Come al solito, purtroppo, il costo era eccessivo per le mie tasche e improponibile per mio padre, così, inconsapevole del fatto che i cd arrivassero anche a 650 MB di capacità, gli feci la fatidica richiesta: “Non si riesce a metterlo su disco?“.
Qui siamo sui 100 MB |
Mai come in quel momento mi vergognai e mi sentii umiliato. L’informatica era la mia passione e avevo già deciso che avrei preso quella strada anche a livello scolastico, così fu incredibilmente sminuente sentirsi ridere fragorosamente in faccia. E non bastò. I due commessi mi presero pure in giro dicendomi: “a di, possiamo anche provarci ma poi ci vorrà una carriola per portar via tutti quei dischi!”.
Non riuscii più a guardarli in faccia. Lo smacco fu talmente profondo che mi rifiutai di tornare in quel posto per mesi, ma, abbandonando il negozio, abbandonai anche l’idea di mettere le mani al più presto su Full Throttle.
E pensare che avevo già preparato la carriola… |
Fortunatamente mi accorsi di avere, in una pila di floppy mai testati, alcune avventure grafiche di case produttrici diverse. E chi lo sapeva che esistevano altri giochi del genere al di fuori della Lucas?
Così sperimentai tale Simon the Sorcerer, un’avventura vecchio stampo, con tanto di interfaccia simil-Scumm, e con visibili ambizioni di simulare il successo di Monkey Island, premendo sugli stessi tasti stilistici, ossia grafica colorata, avatar un po’ tonto ma sempre simpatico, personaggi di contorno piacevoli e una storia comprensibile e decentemente sviluppata.
Ehi, dietro di te, un drago con tre teste! |
Purtroppo la lentezza di gioco era ai limiti del tollerabile. I movimenti e le azioni ripetitive spesso costringevano a perdere decine di minuti solo per vedere Simon spostarsi da uno scenario a un altro. Con tanta pazienza e con una dose soporifera di prova tutto con tutto riuscii a terminarlo, ma la soddisfazione non fu sufficiente a mantenere un ricordo veramente positivo di quel progetto nato bene ma sviluppato male.
Mi capitò poi tra le mani anche un certo Woodruff and the Schnibble of Azimuth, una sorta di spin off della serie Gobliiins (saga che non approfondii mai a causa delle sue meccaniche troppo… meccaniche).
Personaggi visibilmente intelligenti |
Il gioco era interamente doppiato in italiano, ed era fatto molto bene, con uno stile molto particolare e differente da quello dei giochi Lucas, ma ad ogni modo piacevole, ben sviluppato e ben scritto. Era la tipica storia che ti saresti aspettato in tv il 25 dicembre alle 16 su Italia 1, giusto poche ore prima di Una poltrona per due.
Neanche a farlo apposta lo giocai durante le vacanze natalizie e lo portai a termine esattamente il 24 dicembre, giusto in tempo per uscire soddisfatto di casa e recarmi in piazza a mangiare castagne gratis, aspettando il Babbo Natale che regalava trenini. Se in mezzo a tutti quei bambini di 7-8 anni più piccoli di me non mi fossi sentito uno zingaro, probabilmente avrei anche fatto la fila per portarmi a casa almeno un vagone.
Venite bambini che ve lo do io il trenino! |
Le vacanze finirono ma in men che non si dica arrivarono quelle estive e vista la pagella potevo ambire a farmi regalare Full Throttle. Sarei potuto andare nel centro commerciale, avrei potuto chiederlo in prestito da qualche amico, ma mia madre decise che dovevo fare poche storie e se volevo quel gioco dovevo andare al Megabyte Informatica.
Tutte le mie paure di sentirmi nuovamente preso in giro morirono appena mi accorsi che al suo interno non c’era nessuna faccia nota: forse avevano cambiato gestione, o semplicemente era un commesso diverso, ma inaspettatamente potei entrare a testa altra e portarmi via quel gioco.
Con un po’ di ritardo arrivò il regalo desiderato |
Solo pochi secondi di installazione e in sottofondo alle immagini di un canyon una voce cominciò a parlare di odore di asfalto e di una certa Maureen. Nemmeno un minuto ed ero già completamente conquistato. Spettacoli audiovisivi del genere non erano frequenti in quegli anni, e nonostante Woodruff fosse esteticamente eccellente e Sam & Max avesse un doppiaggio pregevole, l’atmosfera di Full Throttle mi penetrò istantaneamente nelle ossa e, come se avesse a che fare con una mia vita precedente, mi ritrovai inaspettatamente assorbito in un’ambiente che in realtà non mi era mai appartenuto, quello dell’Easy Rider.
Comandare Ben non era soltanto un “vediamo cosa succede”, ma era un vero e proprio “bastardi, gliela farò pagare”. Ancora una volta la Lucas era riuscita a sconvolgermi i sensi, ubriacandomi con qualcosa di originale, e ancora una volta le atmosfere e lo stile grafico si rivelavano la marcia in più rispetto la concorrenza.
“Anch’io vorrei ubriacarmi con qualcosa di originale…” |
Full Throttle era allo stesso tempo poesia ed adrenalina e, proprio come cercai di fare per anni durante la mia infanzia, riuscì nell’intento di estraniarmi completamente dalla vita reale per vivere quella di un personaggio così diverso da me.
La brillante storia parlava di tradimenti, delusioni e ingiustizie, lasciandoti però capire che il tuo personaggio sarebbe stato abbastanza tosto per riequilibrare le cose. Come non identificarsi nel duro dal cuore morbido che comandavamo?
Come una droga portai avanti tutta l’avventura, godendomi ogni scena, godendo della nuova atipica interfaccia e godendomi pure i mini giochi che, al contrario di Sam & Max, erano quasi sempre al servizio della storia e del coinvolgimento.
Il gioco era molto corto, ma di certo non facile, così una volta arrivato al termine rimasi comunque particolarmente soddisfatto e desideroso di giocarne presto un seguito. La realtà era che sapendo cosa fare il gioco non passava le due ore e, escludendo i lunghi filmati e le ottime scene d’intermezzo, i minuti di gioco effettivo non passavano nemmeno la mezz’ora.
Ma come dice Indy, la lunghezza non conta |
Il merito di tanta bontà andò interamente a Tim Schafer, che nella sua prima avventura completamente priva di forzature e collaborazioni dimostrò un talento inimitabile e una passione palpabile per il cinema d’autore.
Ero soddisfatto e convinto che meglio di così non si sarebbe mai potuto fare, ma…
Nella prossima puntata: la LucasArts, all’apice delle proprie possibilità, decise di strafare e per il suo nuovo film interattivo chiamo niente di meno che Steven Spielberg!